Alessandro Brondi - Web site

Commento

I comuni dell’Alta Valle Argentina (entroterra di Sanremo) di Triora e di Molini di Triora ospitano come tradizione rispettivamente la sede di partenza e di arrivo della granfondo la Via delle Streghe, giunta al suo ottavo appuntamento.

Il nome della manifestazione trae origine da alcune leggende dal sapore medievale che parlano di Triora come il paese delle streghe, al centro alla fine del 1500 di una serie di processi per stregoneria che videro condannare al rogo alcune giovani donne del paese.

La logistica della manifestazione era ubicata a Molini di Triora in gran parte presso il campo sportivo comunale, con la zona di arrivo, parcheggi, docce, pasta-party e premiazioni. Nel centro del piccolo comune invece era la zona di iscrizione e check-in, sfrattata dalla tradizionale sala comunale a causa delle concomitanti elezioni europee ed amministrative, e posizionata in un bar adiacente. La soluzione, ovviamente contingente e un po’ fortunosa, ha creato un pochino di coda ai bikers il mattino della domenica, costringendo ad un’unica fila sia i pre-iscritti che coloro i quali dovevano ancora registrarsi completamente. Il protrarsi delle operazioni di iscrizione ha così causato un ritardo di 15 minuti sull’orario di partenza per consentire a tutti gli atleti di accedere con calma alla zona di partenza. Sicuramente con il ritorno alla sala utilizzata nelle precedenti edizioni le operazioni preliminari ritorneranno ad essere celeri ed efficienti.

Caratteristica singolare della prova è il posizionamento della zona di partenza e di arrivo in due differenti località: Triora, sede della partenza è posizionata infatti alla distanza di 5 km dalla località di arrivo e soprattutto ad una maggiore altitudine di 300 m. Ai concorrenti venivano quindi abbonati 5 km di salita asfaltata, che potevano essere percorsi con tutta calma in mtb in fase di riscaldamento, oppure usufruendo delle navette messe a disposizione dagli organizzatori o delle proprie automobili per coloro che erano accompagnati.

La partenza era prevista ai margini del centro storico di Triora, sull’ampia strada inizialmente asfaltata che conduceva al passo della Guardia.

Alle ore 10.15 il DJ Ugo De Cresi, speaker ufficiale della manifestazione, decretava la partenza per gli oltre duecento scalpitanti concorrenti.

Il tempo fino a quel momento poco nuvoloso e caldo consigliava la maggior parte dei concorrenti ad indossare abbigliamento estivo; solamente coloro che avevano studiato o conoscevano meglio il percorso, a causa dello scollinamento previsto a circa 2000 m. di quota, si preoccupavano di mettere in tasca una mantellina anti-vento.

I primi 4 chilometri erano previsti su asfalto, successivamente la strada diventava sterrata ma sempre larga e abbastanza scorrevole fino ad incrociare, al Passo della Guardia, la strada militare che corre sul confine italo-francese. Si piegava verso sinistra e il tracciato a questo punto diventava maggiormente pietroso, ma il problema maggiore diventava il tempo, che improvvisamente si rannuvolava, iniziavano a cadere le prime gocce di pioggia insieme ad un vento sempre più forte.

Un chilometro circa in leggera discesa faceva riprendere fiato ai corridori, prima di iniziare nuovamente a salire verso il passo di Collardente e Colla Sanson a quota 1600 m. Senza ulteriori tratti di recupero continuava l’ascesa verso il punto più alto del percorso Cima Marta e con l’aumentare della quota aumentava in proporzione la pioggia, il vento e il freddo per i concorrenti, in fila lungo l’antica strada sterrata militare.

La nebbia cominciava ad avvolgere i corridori, che nel frattempo cercavano di indossare (i più previdenti e fortunati) eventuali capi di abbigliamento più pesanti.

Con l’aumentare dell’altitudine la pioggia cominciava a trasformarsi in neve e una vera e propria bufera coincideva con la vista delle rovine delle antiche fortificazioni militari che significavano il passaggio alla Cima Coppi della gara.  All’interno di un gazebo adibito al ristoro si ritrovano ammassati diversi concorrenti, che grazie al the caldo e agli alimenti solidi, avevano un riparo e un po’ di conforto ad una situazione veramente critica.

Personalmente indosso manicotti e k-way che avevo previdentemente portato nel camelbak, insieme ad alcune pagine di giornale trovate nel ristoro e decido di affrontare la discesa, mentre alcuni concorrenti preferiscono fermarsi ed aspettare il mezzo “scopa”. L’idea di rimanere nel mezzo di una bufera, al riparo di una piccola tenda, per non si sa quanto tempo non mi rende molto tranquillo.

Ma se fino a quel momento, grazie agli oltre 20 km di salita, il freddo non si era fatto sentire in maniera esagerata, iniziava con la discesa un vero e proprio calvario.

Le mani e i piedi, completamente fradici di pioggia, si ghiacciavano immediatamente, si riusciva con grande fatica a frenare, quasi impossibile azionare il cambio, difficilissimo tenere saldamente il manubrio. Tutti procedevano molto lentamente, alcuni addirittura a piedi, pur non avendo alcun problema meccanico, solo per scaldare un pochino i piedi.

Lungo i circa 5 chilometri di discesa nella pietrosa strada militare, si notavano molte biciclette caricate su mezzi a motore di corridori che decidevano di abbandonare e alla fine di questa prima parte della discesa il rifugio del CAI Allavena ospitava moltissimi corridori congelati e impossibilitati a proseguire.

Poco prima iniziava un tratto nel bosco dove grazie a qualche tratto da pedalare, riuscivo a riprendere un minimo di controllo a mani e piedi: decido quindi di continuare, sapendo che in diversi tratti si sarebbe incrociata la strada provinciale e che quindi in caso di problemi sarebbe stato possibile rientrare all’arrivo più velocemente.

Un tratto in salita di circa 1 km rigenerava il mio fisico consentendo di ritrovare insperate energie che mi consentivano di portare regolarmente a termine la prova.

I tratti finali in discesa nel bosco, piuttosto tecnici in condizioni normali, erano diventati nel frattempo molto fangosi anche perché la pioggia cadeva sempre copiosamente, ma un’opportuna deviazione sulla strada asfaltata, evitava ai reduci una serie di ulteriori passaggi al limite.

Le condizioni meteo hanno quindi condizionato molto pesantemente l’andamento di una gara già di per sé impegnativa, con una lunga salita di quasi 1300 metri di dislivello ed una seguente discesa tecnica di 1600 metri che portava a Molini di Triora.

L’organizzazione, malgrado le condizioni al limite ha tenuto alla grande, gli addetti ai bivi e al controllo del percorso hanno stoicamente mantenuto la posizione sino al passaggio dell’ultimo concorrente, anche nel mezzo della bufera di neve e di pioggia. Incredibile poi la velocità con la quale navette e mezzi di soccorso hanno recuperato tutti i concorrenti che avevano scelto di non proseguire e si erano rifugiati al Rifugio Allavena o dove capitava: prima delle ore 15.30 tutti i bikers erano tornati al campo base a riscaldarsi con una calda doccia e un abbondante pasta-party.

Durante tutto lo svolgimento della corsa lo speaker Ugo De Cresi, anche nei momenti più drammatici, manteneva alto l’umore degli accompagnatori e dei concorrenti che a mano a mano arrivavano, contribuendo alla ottimale gestione di una situazione obbiettivamente critica e che difficilmente poteva essere prevista nel caldo mese di giugno.